Le nanotecnologie, già da tempo, sono presenti in tutti i passaggi della filiera alimentare. Dalla crescita dei vegetali, al mangime per la zootecnia, proseguendo con il trattamento, la trasformazione e il confezionamento degli alimenti.
Basta pensare alla produzione agricola che sfrutta nanosensori per rilevare pesticidi e nanocapsule, così da aumentare l’efficacia pur diminuendo le dosi.
Sulla nostra tavola, invece, la nanotecnologia interviene per ottimizzare il sapore, il gusto, il colore, la consistenza dei cibi e per migliorare l’assorbimento e la biodisponibilità di alcuni nutrienti e integratori.
Insomma, la nanotecnologia è un forte alleato, da utilizzare con consapevolezza, anche in questo settore.
Resta solo l’interrogativo sulla possibilità che l’intervento della nanotecnologia passi o rimanga negli alimenti e quali possano essere gli eventuali rischi per la salute del consumatore finale.
Proviamo a scoprirlo insieme.
Come si applica la nanotecnologia nel settore alimentare?
Per avere un quadro completo e veritiero, dobbiamo sottolineare che nell’alimentazione quotidiana abbiamo a che fare da sempre con nanocomposti del tutto naturali.
Le dimensioni delle proteine, gli oligosaccaridi, le vitamine e tutte le nanovescicole che il nostro organismo produce per il suo corretto funzionamento, anche durante l’alimentazione, ne sono la prova.
L’uomo, in pratica, interagisce con nanoparticelle da quando ha sperimentato la macinatura delle granaglie, comprendente tutta la categoria delle farine.
Infine, per arrivare ai giorni nostri, pensiamo alla più comune salsa da accostare a un bel piatto di patatine fritte. Già, proprio la maionese è, a tutti gli effetti, una nanoemulsione.
Come le nanoparticelle modificano i cibi?
È bene acquisire subito consapevolezza sul cibo: molte delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali che caratterizzano le principali categorie di alimenti sono nanoformulazioni di additivi.
Non ci credi? La fluidità delle creme o la croccantezza dei biscotti sono ottenuti grazie a nanocomposti. La colorazione brillante dello yogurt e delle glasse o la lucentezza del cioccolato possono essere effetto di nanoingredienti.
Anche i prodotti a basso contenuto calorico, ma di aspetto cremoso, poveri di sale o zucchero, eppure dolci e sapidi al palato, così come alimenti dietetici che inducono la sazietà, sono il risultato dell’aggiunta di nano-additivi.
Nella ricerca dei migliori additivi sono coinvolte pure la medicina e la nutraceutica.
Recenti studi hanno proposto impieghi per nanoparticelle di ferro, da mescolare ai cibi, le quali potrebbero essere così accessibili a livello cellulare contribuendo a curare diverse forme di anemia. Acidi grassi omega3 provenienti da olii di pesce, poco piacevoli al palato, possono essere nanoincapsulati per nasconderne il sapore e favorirne l’assimilazione.
Ma le nanotecnologie non sono connesse solo strettamente ai cibi.
Come impiegare le nanotecnologie nella conservazione alimentare?
Non solo cibo, dunque. La nanotecnologia, infatti, trova un interessante, quanto vantaggioso, impiego proprio nel packaging alimentare.
La nanotecnologia negli imballaggi permettono un vero aumento della qualità con cui gli alimenti possono essere conservati in uno stato ottimale. Qualche esempio?
- Le prestazioni meccaniche e di barriera sono migliorate creando imballaggi funzionali, attivi e “intelligenti”. Nanoparticelle miscelate ai polimeri tradizionali ne aumentano rigidità, resistenza e duttilità, mentre il nanocoating perfeziona la barriera ai gas e alla temperatura.
- Creazione di nuovi materiali FCM (Food Contacts Materials), i quali permettono una migliore protezione dei cibi e, tramite particolari nanoparticelle, hanno funzione antimicrobica e di assorbimento di gas, come ossigeno ed etilene, consentendo di preservare e prolungare la conservazione degli alimenti.
- Monitoraggio e rilevamento delle condizioni delle derrate imballate, grazie ad alcuni specifici nanopolimeri, per garantire una maggior qualità al consumatore.
- Nanocomposti a base di argilla vengono utilizzati per minimizzare la perdita di anidride carbonica evitando l’entrata di ossigeno in confezioni contenenti bevande gassate, come nel caso di alcune tipologie di birre. Sempre per prolungare la shelf life di una bibita, le bottiglie in plastica (PET) possono essere rivestite di nanosilice, trasparente e inerte, così da risultare più impermeabili ai gas.
- Caolinite, modificata con nanoparticelle di ferro, viene aggiunta al classico polietilene al fine di catturare le molecole di ossigeno presenti all’interno degli imballaggi. Mentre nanoparticelle di biossido di titanio possono essere integrate negli imballaggi per eliminare l’etilene. Queste ultime, se attivate da UV, possono fungere da indicatore della quantità dell’ossigeno presente.
- Nanoargille lamellari possono reagire in maniera colorimetrica con i metaboliti microbici presenti durante la degradazione alimentare, permettendo di dedurre la freschezza del prodotto. Sfruttando lo stesso meccanismo, nanoargento tiolato, presente nell’imballaggio, permette di rilevare colorimetricamente quando un alimento ha raggiunto e superato una determinata temperatura.
E non è tutto. Anche stoviglie, frigoriferi e taglieri presentano nanoparticelle, in particolare d’argento, per migliorare le loro proprietà antimicrobiche.
Per il prossimo futuro, infine, si stanno progettando codici a barre nanoscopici da inserire nell’alimento per una tracciabilità più efficiente lungo tutta la filiera.
Nanotecnologia alimentare: cosa stabilisce la legge?
Chiunque voglia servirsi di nanotecnologia in ambito alimentare deve presentare una documentazione scientifica all’Autorità Alimentare Europea (EFSA), sull’efficacia e soprattutto sulla sicurezza della sostanza “nano” che intende utilizzare.
L’EFSA è in continuo aggiornamento riguardo gli studi scientifici, gli sviluppi tecnologici, la valutazione dell’esposizione e caratterizzazione dei pericoli derivanti dai nanomateriali.
Dopo attento studio e seguendo le linee guida vigenti, l’EFSA restituisce un parere formale che la Commissione UE recepisce e discute con gli esperti degli Stati Membri al fine di raggiungere un accordo e un eventuale autorizzazione.
Il Regolamento 1169/2011 sulle informazioni ai consumatori impone ai produttori di indicare sull’etichetta degli alimenti l’eventuale presenza di nanomateriali.
Come abbiamo visto le nanotecnologie intervengono ormai, più o meno consapevolmente, in molteplici campi del mondo alimentare. Possono essere naturali oltre che sintetizzate dall’uomo in maniera biocompatibile.
Dunque non devono spaventare o essere messe al bando a prescindere. Ciò che è, di certo, necessario, è la continua ricerca, per approfondire e promuovere la conoscenza di questi elementi rispetto ai consumatori.
Noi di Nanomnia utilizziamo per scelta solo nano e microparticelle biocompatibili e biodegradabili, condividendo con i nostri partner l’attenzione alla sicurezza e alla salute.
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