Api e insetti impollinatori in generale sono i responsabili della biodiversità e consentono che ingenti e svariate tipologie di cibo siano disponibili a tutti. Senza il loro lavoro, circa un terzo delle nostre riserve di cibo sparirebbe, mettendo a rischio la vita stessa.
Ormai la moria di api e insetti impollinatori è notizia di dominio pubblico. Sebbene le cause siano articolate, il massiccio e indiscriminato utilizzo di pesticidi è emerso come causa determinante.
Come il cibo e l’habitat dell’uomo, anche quello delle api risulta pesantemente contaminato e compromesso da pesticidi. Analizziamo nel dettaglio qual è la situazione.
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Quali danni causano i pesticidi?
Da un rapporto dell’Unione Internazionale per la conservazione della natura (lucn) risulta che il 10% delle specie selvatiche di api sarebbe in via di estinzione e un altro 5% sarebbe a rischio.
Una delle principali cause sono proprio i pesticidi, i quali influenzano l’apprendimento, l’orientamento, la capacità riproduttiva e i comportamenti sociali di questi insetti.
In particolare, tra gli insetticidi che influenzano la vita delle api individuiamo:
- i neonicotinoidi, ovvero antiparassitari utilizzati per la concia delle sementi di mais. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha confermato di recente che clothianidin e thiamethoxam sono i neonicotinoidi direttamente associati alla moria delle api mellifere e selvatiche. Inoltre, la persistenza di tali prodotti nel suolo è causa di contaminazione del successivo ciclo di coltivazione e delle piante selvatiche presenti ai margini dei campi;
- insetticidi a base di solfossimina. Essi sono, invece, la causa della riduzione della capacità riproduttiva.
- sostanze come il fludirapifurone, registrato nel 2014 come alternativa ai pericolosi neonicotinoidi, hanno conseguenze negative su gusto, apprendimento e memoria delle api.
Come e quanto i pesticidi riescono a contaminare?
Il polline è la principale fonte proteica per le api, mentre dal nettare ricavano gli zuccheri. Purtroppo, nel passaggio dalla raccolta al deposito in alveare, le api importano cibo contaminato.
Una volta negli alveari, i residui dei pesticidi riescono a intossicare la covata, con effetti letali sulle larve e sulla stessa regina. Tale meccanismo causa, in ultima analisi, la mancata nascita di adulti e un indebolimento generale della colonia, fino alla perdita della famiglia.
A sottolineare questa situazione piuttosto drammatica, recenti studi hanno rilevato che:
- nel 62% dei casi di alveari analizzati è stato rilevato un pesticida;
- nel 38% dei casi era presente la combinazione di due pesticidi;
- nel 39% dei casi la concentrazione di pesticidi è stata trovata oltre il limite di sicurezza per il consumo umano;
- nel 13% dei casi la quantità trovata era oltre la soglia di tossicità per le api.
Anche la prestigiosa rivista Science ha pubblicato le analisi di numerosi campioni di miele:
- il 75% risulta essere contaminato da insetticidi sistemici, i famigerati neonicotinoidi;
- il 45% dei campioni di miele contiene due neonicotinoidi;
- nel 10% ne risultano addirittura tre.
Gli effetti della combinazione di più pesticidi è sconosciuta, ma in molti casi la loro sinergia si traduce in un aumento della tossicità.
Se teniamo conto che la produzione di miele è un fiore all’occhiello italiano, che con 22.000 tonnellate annue dà lavoro a sempre più persone, spesso anche giovani, facenti parte dei 45.000 apicoltori italiani, si può facilmente dedurre che la moria delle api non è solo un problema ambientale, ma anche sociale, poiché milioni di alveari sono distribuiti su tutto il territorio nazionale.
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Quanto sono diffusi i pesticidi?
Un esempio positivo arriva dalla vicina Francia, dove sono stati messi al bando i cinque pesticidi più responsabili della moria di api e insetti impollinatori: clothianidin, imidacloprid, thiamethoxam, thiacloprid e acetamiprid. Tre dei quali già messi al bando dalle Nazioni Unite, dopo un report che annunciava l’estinzione globale del 40% degli insetti impollinatori causati da tali sostanze.
Ironia della sorte, proprio in territorio francese questi pesticidi sono stati testati per la prima volta negli anni novanta, per la concia dei semi di girasole, causando la morte di 400.000 colonie di api in pochi giorni.
Europa, USA e Canada stanno riconsiderando l’utilizzo di questi pesticidi, restringendone in primo luogo l’utilizzo e ripensando, addirittura, ai metodi di coltivazione stessi.
Quali sono le prospettive future contro i pesticidi?
Già da diversi anni ci si sta muovendo per trovare nuove e alternative soluzioni a questa grande problematica.
Nel 2008 una sospensione cautelativa dei neonicotinoidi in tutto il nord Italia ha nella pratica azzerato la moria di api, che proseguiva incessante dagli anni 2000. Questo radicale cambiamento non ha, però, causato perdite alla produzione agricola, dimostrando che la concia delle sementi era in effetti inutile, oltre che costosa.
Si agisce, inoltre, con buone pratiche come l’incremento della biodiversità inserendo siepi, bordure e boschetti nelle aree coltivate associate alle rotazioni delle colture. Ciò aumenta la difesa naturale e l’abbattimento dei pesticidi. In più, l’utilizzo della chimica sarebbe confinato solo là dove serve e quando serve.
In questo contesto si inserisce anche la tecnologia di Nanomnia. L’obiettivo finale è proprio quello di ridurre la quantità dei pesticidi, con particolari accorgimenti, al fine di evitare la contaminazione del polline e del nettare e contribuire così ad ambienti più salutari per tutti gli insetti impollinatori.
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