Dalle semplici influenze alle patologie che richiedono cure massicce e prolungate, i farmaci sono spesso protagonisti. A tutti noi capita di assumerne, per brevi o lunghi periodi, e di verificarne gli effetti. Ma la loro azione è davvero così efficace? Si può migliorarla? E limitare gli effetti collaterali? Tutte le risposte sono nel drug delivery.
Farmaci, perché generano effetti collaterali?
Partiamo da una premessa: formulazione del medicinale, patologia da trattare e modalità di assorbimento dei principi attivi determinano la modalità di somministrazione del medicinale stesso.
Ogni assunzione che facciamo andrà ad agire diversamente sul nostro organismo. Vediamo come:
- in generale, i farmaci possono avere molteplici recettori nel nostro corpo, raggiungendo quindi solo parzialmente il sito nel quale la loro azione è necessaria. Si ha così un loro accumulo in vari organi o tessuti, che porta ai famigerati effetti collaterali, caratteristici per ogni farmaco;
- spesso le molecole del farmaco sono per esempio idrofobiche, quindi non scioglibili in condizioni fisiologiche, oppure suscettibili alla degradazione chimico fisica per mezzo di enzimi o di livelli estremi di pH;
- la somministrazione di farmaci non è sempre indolore e a volte può essere limitativa del normale stile di vita.
Per risolvere queste condizioni, si tende ad agire aumentando il più possibile la dose di farmaco prescritta e aggiungendo eccipienti, che, a loro volta, possono accumularsi e causare effetti indesiderati.
In altre parole, la cura di una patologia prevede un costo in termini di effetti collaterali, disturbi e allergie che rischiano spesso di richiedere l’assunzione di ulteriori farmaci.
Drug delivery, cos’è e come funziona
Il drug delivery è un’evoluzione della normale somministrazione e prevede che un farmaco, una volta assunto, venga rilasciato nel tempo in maniera controllata, mediante impianti fissi o nanosistemi.
Così facendo, il farmaco necessario a coprire un certo arco temporale di cura viene somministrato tutto in una volta e la matrice che protegge il principio attivo ne preserva l’efficacia e ne garantisce un rilascio graduale e controllato.
Ormai la tecnologia del drug delivery riesce a competere con i metodi tradizionali di assunzione orale o iniettiva, con grande beneficio per i pazienti, riducendo il dolore, la frequenza e i programmi di dosaggio.
Quali sono le possibili applicazioni del drug delivery?
A oggi, il drug delivery ha di fronte a sé molte sfide.
Una delle principali sfide è di certo nell’ambito delle cure antitumorali. Ogni anno, nel mondo, vengono diagnosticati più di 12 milioni di nuovi casi e la ricerca avanza di pari passo con la scoperta di nuovi farmaci e nuovi approcci di trattamento.
Nel caso modello della somministrazione di chemioterapici, si presentano di solito numerose problematiche:
- alta tossicità delle molecole,
- poca specificità,
- insorgenza di resistenze che abbassa l’efficienza terapeutica.
In questo contesto il drug delivery può fare la differenza. Le nanoparticelle cariche di agenti chemioterapici antitumorali, di anticorpi monoclonali o di radionucleotidi, risolvono tutto questo.
Esse, infatti, permettono:
- iniezione nel sistema circolatorio, senza causare la risposta del sistema immunitario;
- raggiungimento del sito bersaglio;
- rilascio del contenuto all’interno delle cellule tumorali o nelle immediate vicinanze.
Il tutto rende la cura più efficace, diminuendo al contempo la quantità di farmaco necessario e i conseguenti effetti collaterali.
Un’ulteriore applicazione di questa tecnologia può essere di ridurre sensibilmente il “costo clinico” di un paziente, accompagnandolo anche all’autosomministrazione dei farmaci.
Un esempio è la proposta avanzata nel 2014 da MannKind e Sanofi per l’uso dell’insulina spray, approvato in un secondo momento anche dalla Food and Drug Administration, per la cura del diabete di tipo 1 e 2. Questa innovazione poteva rendere il paziente più indipendente, evitando iniezioni multiple ogni giorno.
Il futuro del drug delivery: la nanomedicina
Il drug delivery di per sé, inteso come generico rilascio controllato di un farmaco nel tempo, risolve solo in parte le limitazioni e le criticità delle normali somministrazioni di farmaci descritte in precedenza.
A superare questi ostacoli può intervenire la nanomedicina, la naturale evoluzione del drug delivery.
Le nanostrutture, infatti, oltre a rilasciare il farmaco in maniera controllata, lo portano direttamente al sito di interesse, riducendo quindi il dosaggio e mitigando gli effetti collaterali delle terapie tradizionali. Risolvendo così le problematiche legate al convenzionale sistema di somministrazione e ottenendo allo stesso tempo una riduzione della tossicità.
Questa tecnologia permetterà di oltrepassare barriere fino a ieri quasi inaccessibili ai normali farmaci, come quella ematoencefalica, e curare patologie oculari, da sempre ostiche a causa delle molte membrane protettive presenti.
Nanotecnologie e drug delivery: alcuni esempi di applicazione
È emblematico il recente studio dell’Istituto Mario Negri e dell’Università di Padova, nel quale si è messo a punto un nanovettore biocompatibile capace di accumularsi nel fegato per curare patologie epatiche, infiammatorie e autoimmuni. Nel nanovettore biodegradabile è stato incapsulato un farmaco steroideo, il dexametasone, riducendone così la tossicità e potenziandone l’effetto terapeutico.
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Un’altra elegante applicazione, tutta italiana, della nanomedicina è quella progettata da EryDel. Questa azienda di biotecnologia somministra farmaci veicolandoli mediante i globuli rossi del paziente stesso. È un’efficace soluzione ad hoc per far circolare un farmaco, che raggiunge tutti i tessuti senza attivare il sistema immunitario. Lo scopo finale è la cura di una malattia neurodegenerativa rara presente nella prima infanzia.
Anche noi di Nanomnia abbiamo seguito numerosi progetti di incapsulamento di molecole naturali e sintetiche all’interno di nanoparticelle biodegradabili e biocompatibili. L’obiettivo finale è sempre di indirizzarle in modo specifico al sito bersaglio, al tessuto da trattare, così da rilasciare il farmaco solo là dove serve.
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